Sogno di una notte d’inverno…
Shakespeare diceva: “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono tatti i sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”. Anche io che non ho letto mai del Bardo di Avon conosco alcune delle sue citazioni più famose; d’altro canto che sia un amante delle citazioni emerge chiaramente dal mio sito. Mi è logico pensare che molti riflettano sul significato della metafora, o sulla similitudine sottintesa tra sogno e realtà. Ma essendo pratico e ben poco romantico, la domanda che mi pongo è: qual è questa sostanza di cui sono fatti i sogni?
Che sia per un’incredibile coincidenza di eventi o per una volontà superiore abbiamo il dono di una vita, ovvero di avere coscienza di noi stessi. Abbiamo percezione della nostra esistenza, emozioni, pensieri, desideri da realizzare, obiettivi da fissare, la consapevolezza che prima o poi dovrà finire. Ma di cosa è fatta questa vita? Di emozioni, pensieri e desideri da realizzare, o di qualcos’altro? Magari qualcosa di tangibile da toccare con mano, o di astratto e difficile da mettere a fuoco. Domanda semplice, risposta complessa… il più delle volte, quando esiste. Molteplice: come in un gioco di luce, la soluzione che possiamo darci cambia in base alla prospettiva di visione che scegliamo. Non è necessariamente giusta o sbagliata, ma solo uno degli innumerevoli modi di vedere noi stessi.
La Ruota del Tempo (no, non la saga letteraria)
Ad esempio. Nello scorrere inesorabile dell’unica valuta che non ci fa sconti, il tempo, possiamo identificarci all’interno di un flusso tempestoso del quale possiamo vedere la strada percorsa e immaginare quella che abbiamo di fronte. Il nostro passato rappresenta noi stessi: chi siamo, cosa siamo, da cosa si generano le nostre scelte. Ci definisce, ci identifica, ci fornisce un approdo sicuro sul quale fare affidamento. Il futuro è quella forza che ci consente di andare avanti: se abbiamo la volontà di navigare lungo lo scorrere del flusso è perchè i nostri desideri, le nostre aspirazioni ci forniscono un motivo per vivere a pieno la nostra esistenza. Una persona senza passato non ha un’identità, è solo un guscio vuoto che non sa chi è; una persona senza futuro non ha prospettive, non sa dove andare ed è destinata a spegnersi poco alla volta. Un’esistenza completa e con un significato non può fare a meno di nessuno dei due elementi, legandosi tra loro e influenzandosi a vicenda.

Profondamente saggio o anonimamente banale? Lascio ad altri l’onere del giudizio; ciò che mi preme far notare è che ho elaborato tale pensiero non leggendo Shakespeare o un trattato di filosofia di seconda mano, ma guardando una serie anime, che ha nel continuo avvilupparsi dei personaggi sul proprio passato la tematica di fondo. Il protagonista si trova come chiuso in un circolo vizioso, in fuga da chi era ma dal quale non riesce a scappare e che continuamente gli si presenta davanti. Rinnega la sua ex-vita da criminale, nella quale ha trovato un significato alla sua esistenza nel tempo passato con una donna che impara ad amare. Entrambi decidono di andare via, trovare un nuovo inizio insieme, ma il corso degli eventi li porta a perdersi e quell’amore scompare (lei, non l’amore per lei). In quel momento perde l’unico passato che ancora lo definiva, quello che ne rimane è un corpo estraneo ma anche una gabbia che lo tormenta di continuo.
Non ha più consapevolezza di chi è, quello che voleva portare con se non c’è più e quello che è rimasto non lo rappresenta. Forse continua a comprendere il proprio animo, sa cosa vorrebbe ma non ha modo di averlo e quello che ne rimane è solo un ricordo intangibile. Senza l’unica cosa che per lui valeva la pena vivere non fa altro che arrancare, mette un passo davanti all’altro ma senza una prospettiva o un obiettivo da raggiungere, perchè quelli che vuole ottenere non possono prescindere da quella donna. Se continua a sopravvivere è solo per la speranza che prima o poi ritroverà quell’anima perduta, e proprio alla fine sembra che quel suo desiderio sia realizzato. Ma poco dopo nella tragicità degli eventi la vedrà morire, e a quel punto anche lui è perduto per sempre. Conoscendo il personaggio dubito abbia mai letto Shakespeare, ma lui stesso dice: “Volevo continuare a vivere un sogno dal quale non svegliarmi mai. Ma poi all’improvviso mi sono svegliato”. Finito il sogno, finita la sua vita. Perchè il suo sogno non era altro che un passato che gli avrebbe permesso di vedere con chiarezza il futuro. L’epilogo è coerente al contesto: nella breve ma intensa sfida finale col suo rivale, entrambi innamorati della stessa persona, si uccidono a vicenda.
Una storia lunga 26 episodi, come ce ne sono a milioni e che si presentano in diverse espressioni artistiche. Indubbiamente non sono la persona più acculturata o intelligente che esista, ma ho sempre avuto una vera passione per le storie. E parlo nel senso più ampio del termine: può trattarsi di un libro, un film, un telefilm, un videogioco, una serie anime, un documentario, gli eventi della storia umana… il nostro stesso vissuto trascorso. Tutto può essere narrato, siamo costantemente invasi da qualcosa che viene raccontato, anche il più stupido dei post su Facebook o una notizia al telegiornale, ed è una cosa affascinante. È affascinante perchè da qualunque di esso, anche quello più stupido e insignificante a prima vista, possiamo trarre un qualche tipo di insegnamento o esserne influenzati, spesso in un modo talmente sottile che non ce ne rendiamo conto.
In qualche modo veniamo colpiti, che si tratta di un libro che a distanza di anni rileggiamo e conosciamo a memoria, o di un film che abbiamo visto 30 anni fa del quale non ricordiamo neanche il titolo. Lungo il mio percorso fatto di continui incontri di questo tipo, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 mi sono imbattuto nella Visual Novel di Fate/Stay Night. Una lettura forse favorita anche dal periodo di lockdown imposto per il Covid-19, ma del tutto inedita per me. Perchè mai avevo deciso di leggere una Visual Novel e mai avrei pensato di farlo. Una lettura che mi ha segnato a fondo, della quale sono evidenti gli strascichi in chi mi conosce (qualcuno parla di passione, forse in parte è vero), se non altro per il tempo speso e gli investimenti fatti per avere e scoprire quanto più possibile su questo marchio. D’altro canto anche i 4 gatti che leggono questo sito possono cogliere diversi riferimenti in tal senso.

Io non so cosa volesse trasmettere Kinoto Nasu (l’autore) con la sua storia, idee che possono anche essere mutate profondamente nel corso del tempo, considerato che la trama nasce quando era studente e poi l’ha realizzata oltre 10 anni più tardi cambiandola profondamente col passare del tempo. Non lo so, come probabilmente non lo sa quasi nessuno, così come quasi nessuno può dire con certezza cosa pensi un qualunque autore del quale ne conosciamo le opere. Non lo so e al di là della mia curiosità personale non è neanche importante: ciò che conta è quello che noi percepiamo da quella storia, come ci influenza, cosa ci trasmette e cosa poi ci permette di realizzare in futuro. Personalmente, Fate/Stay Night mi ha segnato profondamente, mi ha fatto capire alcune cose di me stesso che non riuscivo a definire con chiarezza… e mi ha appassionato con quello che a me è diventato il più bel racconto che abbia mai letto, emozionandomi come mai prima di quel momento.
Guida galattica per autostoppisti
Di che materia sono fatte le vite degli uomini? O meglio: di cosa sono fatti gli uomini? Cosa, se non altro che le storie con cui veniamo a contatto? Che sia il racconto di un libro, un fatto di cronaca, un film o le esperienze di vita di un nostro amico (o le nostre stesse esperienze di vita). Qualunque sia può avere un’influenza su di noi, e probabilmente lo ha sempre in un modo o nell’altro. Può cambiare le nostre prospettive, darci un motivo per esistere o rendere chiare le nostre visioni. O essere più sottile, sfiorando appena il nostro animo senza che ce ne rendiamo conto, cambiandolo impercettibilmente per poi accorgercene anni dopo. Può influenzare positivamente o negativamente, ma in qualche modo ci definisce. Che si tratti di una favola per bambini o anche della Bibbia, o il Corano. Io non credo in Dio, di sicuro non posso dire con certezza che esista o meno. Ma che i racconti dei testi sacri siano reali, allegorici o mera invenzione di un cantastorie, hanno comunque dato una via da percorrere a centinaia di milioni di persone.
Non importa se il racconto sia un fatto reale o inventato. Anzi: sono convinto che non esista alcuna differenza, anche se si tratta di un’esperienza personale passata. Gli eventi che viviamo direttamente acquistano una forza emotiva nell’attimo stesso in cui li assaporiamo, il presente è un momento unico che non tornerà mai più. Una volta che quel momento è passato ne rimane solo il ricordo nelle nostre menti, che con tempo si affievolisce sempre più. Diventa una storia come tutte le altre: che ci influenza come tutte le altre, esserne stati protagonisti non ne modifica la potenziale forza con la quale ci investe. Se un evento ci ha fatto gioire, lo avrà fatto in quel momento; a distanza di tempo non avremo più quella gioia, ma solo il ricordo che quel momento ci ha reso felici. Quando uno sportivo arriva a vincere il trofeo più prestigioso è invaso da una gioia irrefrenabile, ma quando poi quel momento è passato vuole continuare a vincere. Perché sa cosa ha provato, e inconsciamente comprende che per rivivere quelle emozioni può solamente ritornare a vincere. Il suo passato diventa una storia, che in qualche modo lo influenza. A volte a tal punto che lo stesso ricordo che conserviamo nelle nostre menti ne viene modificato, per meglio adattarsi a quello che siamo diventati.
Mi son chiesto un tempo quanto sia capace di distinguere la realtà dalla fantasia, e mi son risposto che, purtroppo, sono ben conscio della differenza, forse più di quasi tutti gli altri. Per anni mi sono domandato perché una persona come me trovasse appassionante i Giochi di Ruolo, data la mai sfera di interesse più per le materie scientifiche che per quelle umanistiche. Certamente è una cosa che mi ha sempre divertito, che ho continuato a fare nonostante i miei limiti sia emotivi che sociali (relazionali) che da sempre mi limitano notevolmente quando sono al tavolo a giocare. Un ostacolo evidente, ma del quale non ho mai sentito realmente il peso nè mi sono mai preoccupato. Fate/Stay Night mi ha, credo, fatto comprendere alcune sfaccettature del mio animo, e tra queste una banale evidenza (l’unica forse con accezione positiva). Ovvero quello che ho scritto poco sopra: io adoro le storie e in particolare i personaggi, in esse presenti, dalla personalità complessa, sfaccettata e mutevole.

E per un GdR che cos’è una campagna di gioco, o anche una sessione al tavolo di poche ore, se non un racconto creato congiuntamente con altre persone? Ogni giocatore interpreta un personaggio, definito da tanti elementi che lo caratterizzano, e vive esperienze di ogni tipo insieme a tutti gli altri “interpreti” che incontra durante il suo viaggio. Una storia che a differenza di quando guardiamo un film o leggiamo un libro, viene generata e fruita nello stesso momento. Siamo contemporaneamente autori e lettori, avendo però un controllo piuttosto limitato sugli eventi ancora da scrivere. Possiamo decidere solo per il nostro alter ego e, a differenza di uno scrittore che scrive un romanzo, non sappiamo come si comporteranno gli altri anche se possiamo immaginarlo o supporlo (o indurlo con le nostre scelte). Come nella vita reale, viviamo l’attimo alla ricerca di qualcosa da ottenere.
Fate/Stay Night per me è stato come un faro sul mio animo interiore, e tra le altre cose mi ha fatto comprendere che a questo mondo preferisco la fantasia raccontata in una sessione di gioco. O di un qualunque racconto frutto della mente di un essere umano, rispetto alle storie di vita reali che ci vengono continuamente proposte dai numerosi sistemi di comunicazioni dei quali disponiamo oggi. Forse perchè la “concretezza” del mondo reale è molto più effimera di quello che ci viene mostrata. Le persone si preoccupano di apparire, di mostrarsi e sembrare carismatici, o quanto meno interessanti, e si ha sempre meno il coraggio (o la capacità) di mostrarsi per quel che si è, o cosa davvero si prova. Solo quando ci troviamo in situazioni che sovrastano il nostro autocontrollo riusciamo a dare libero sfogo al nostro Io interiore.
Un racconto di pura invenzione sa essere più… onesto. È più schietto: con se stesso, con i propri personaggi e forse anche con il lettore (o lo spettatore). Sa guardarsi in faccia come il mondo reale non riesce a fare. O forse sono banalmente più avvincenti e offrono emozioni e situazioni che dal vivo non esistono o sono estremamente rare. Forse sto divagando.
Ma è pur vero, o almeno questa è la mia sensazione, che le persone in grado di seguire i propri sogni sono poi quelle che più di altre lasciano un ricordo della loro esistenza su questa terra. Coloro che sanno vedere oltre i limiti “imposti” dalle nostre concezioni consolidate, i nostri luoghi comuni. E che riescono a realizzare opere o imprese ritenute prima impossibili, tracciano un nuovo percorso rendendolo visibile a tutti e alzando l’asticella ad un nuovo livello da superare. Le loro vite diventano storie, che nascono da un sogno, una fantasia; e quelle storie ispirano altre persone. E se quello che riesce a realizzare un uomo per la prima volta nasce da qualcosa che esiste solo nel suo immaginario, perchè dovremmo dare meno credito ad una storia che narra una vicenda fantastica ma che in qualche modo offre comunque un punto di vista umano, per cui reale?
Giocare per vivere, vivere per giocare
I Giochi di Ruolo in qualche modo non sono semplici passatempo, un modo per trascorrere qualche ora tra amici e vivere avventure affascinanti altrimenti impossibili. In qualche modo è anche un riflesso di come vediamo le cose e ci rapportiamo agli altri. E quando ci immedesimiamo in qualcuno che ha un modo di vivere e ragionare del tutto diverso dal nostro, costringendoci ad agire contro la nostra stessa natura per meglio interpretarlo, stiamo esplorando un punto di vista diverso di vedere le cose. E questo, nel nostro piccolo, può essere un motivo di crescita personale ed espansione della nostra visione del mondo. Stiamo dando vita ad una storia, della quale potremmo anche dimenticarci con il passare del tempo, ma la sua influenza in qualche modo rimarrà con noi. Con il nostro modo di pensare, di vedere l’universo che ci circonda, di comportarci e di relazionarci.

Di che sostanza sono fatti i sogni? Qualunque sia la risposta, sono convinto che un essere umano è formato dai racconti, di qualunque tipo e natura, che incontra nella sua esistenza. Di qualunque cosa siano fatti i sogni senza di essi non avrebbe senso esistere, ma senza racconti non avremo sogni da realizzare.
“Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.”
(William Shakespeare)
“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
(Gabriel García Márquez)
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